Il vento soffia e nevica la frasca,
e tu non torni ancora al tuo paese,
quando partisti, come son rimasta,
come l'aratro in mezzo alla maggese.

sabato 30 novembre 2013

Autunno di Thomas Hood

Fritz Thaulow
I
Il cielo di autunno dorato si arrossa,
Leggiadri e lucenti scorrono i fiumi;
A spegnere il sole son solo rivoli
Di freddo inverno e nebbie dipinte.
II
Tra rami segreti non cantano uccelli,
Tra rami segreti non uno si cela;
Son solo le foglie che spiccano il volo
E venti d'inverno che urlano forte.
III
Non l'ombra degli alberi ma nuvola tetra
Su tristi vallate si china;
I fiori son dentro le tombe erbose
E tutti li copre di rugiada il pianto.
************
AUTUMN
I
The Autumn skies are flush'd with gold,
And fair and bright the rivers run;
These are but streams of winter cold,
And painted mists that quench the sun.
II
In secret boughs no sweet birds sing,
In secret boughs no bird can shroud;
These are but leaves that take to wing,
And wintry winds that pipe so loud.
III
'Tis not trees shade, but cloudy glooms
That on the cheerless vallies fall,
The flowers are in their grassy tombs,
And tears of dew are on them all.

venerdì 29 novembre 2013

Il novembre di Karl Mickel

Oskar Zwintscher
L'impronta delle tue natiche laghi tra i boschi
i piedi è ancora scuro allungo fuori dal letto.
Chi nomina le stagioni? Sono io
intorno a noi giaceva il fogliame come sul mio
tavolo le poesie. O pioggia novembre maggio
**************
DER NOVEMBER
Der Abdruck deiner Hinterbacken Waldseen
Die Füße schwarz früh streck ich aus'm Bett
Wer ernennt die Jahreszeiten? ich bin's
Um uns Laub lag wie auf meinem Tisch die
Gedichte. O Regen November  Mai.

giovedì 28 novembre 2013

Poesia e L'illuminata rugiada di Giuseppe Ungaretti

Thanksgiving*1912
Sagrado il 28 novembre 1916

I giorni e le notti
suonano
in questi miei nervi
di arpa

vivo di questa gioia
malata di universo
e soffro
di non saperla
accendere nelle mie parole
************
La terra tremola
di piacere
sotto un sole
di violenze gentili
(POESIE DISPERSE)

mercoledì 27 novembre 2013

Bisbigli di singhiozzi di Giuseppe Ungaretti

Charles Hawthorne
Sagrado il 27 novembre 1916

Mi tornano
transitando
per i canneti titubanti
lungo la strada
scorticata
sul dorso della solitudine
le parole
delle anime perse

e finiscono di smorzarsi
in quelle ondate
di masso
alleggerito dal buio
che accovacciato
all'orlo del cielo
viscido
come una maiolica
incide
una bocca affilata
di baratro.
*****
Poesie disperse

martedì 26 novembre 2013

Sequenza per un'ombra di Diego Valeri

Eugene Frank*Hortensia*1910
Lontananza di pallide pianure,
di nudi alberi neri,
di fiumi bianchi dentro rive oscure.
Ti seguo, desolata lontananza,
per questa via senza tempo, che mena
di là dalla speranza.
La casa verde era chiusa nell’ombra,
tra i fiumi erranti del bianco mattino.
Tu stavi ritta presso la casa,
sola nel sole, al confine dell’ombra:
ferma in quel moto di spazi confusi,
piccola forma opaca, che rompe
il sole, che fa la sua macchia d’ombra.
Sola eri e ferma, senza sorriso,
ferma nel sole, sola con l’ombra
della tua vita, della tua morte.
Tu porti nelle braccia il mio dolore
come una creatura:
dolce lo chiudi sopra il dolce petto
il tuo caro dolore.
Dove vai? Dove sei? Già ti allontani
da memorie e speranze, dai segreti
nostri pensieri, dal dolce dolore,
che fu nostro, di vivere. Ti perdi
nell’ombra dei tuoi occhi: sconfinata
ombra sul mondo. Sei già d’altri, o solo
tua. Non ti vedo più. Sento, non vedo,
il sole di settembre sul mio volto.
Allora tutte le cose furono quell’unica morte,
e il cielo una bocca d’abisso che fiata la morte.
In vetta alle alte case toccate d’ultimo sole
splendevano morti i ricordi della perduta vita:
lembi di un oro nero di sogni, parole
di sangue sospese nell’aria come fiamme morte.
Vivi eran solo i tuoi occhi, versando calmi
una luce estrema d’amore sul mondo morto.
Tutto perduto. Il mondo
era il nostro segreto?
Sopra il dedalo oscuro delle sorti,
e i fuochi dell’amore, e gli orizzonti
della speranza, sopra i chiari fonti
battesimali e i tumuli dei morti
c’è nell’alto Qualcuno, viso d’angelo,
pupilla inesorabilmente aperta
che veglia in solitudine deserta,
riguarda, e silenziosamente piange.
***************
Terzo tempo*1950

lunedì 25 novembre 2013

Li ventiscinque novemmre di G.G. Belli

Emile Vernon
Oggiaotto ch'è Ssanta Catarina
se cacceno le store¹ pe le scale,
se² leva ar letto la cuperta fina,
e ss'accenne er focone in de le sale.

Er tempo che ffarà cquela matina
pe Nnatale ha da fàllo tal'e cquale³.
Er busciardello⁴ cosa mette? bbrina?
La bbrina vederai puro a Nnatale.

E ccominceno ggià li piferari⁵
a ccalà damontagna a le maremme
co cquelli farajòli⁶ tanti cari!

Che bbelle canzoncine!⁷ oggni pastore
le cantò spiccicate⁸ a Bbettalemme
ner giorno der presepio der Zignore.


l. Si cavano le stuoie. Alle porte d'ingresso delle case di persone nobili o agiate si pone una stuoia, o bussola imbottita. - 2. Si. - 3. Opinione volgare costantissima, che si ride dell'esperienza. Vari altri simili giorni di osservazione sono nel corso dell'anno. - 4. Il bugiardello, il lunario. - 5. Abruzzesi, suonatori di pive e cornamuse o cennamelle, che il popolo chiama ciaramelle. - 6. Mantelletti rattoppati che raramente giungono loro al ginocchio. - 7. Niuno può vantarsi di aver mai inteso ciò che essi cantano. - 8. Tali e quali.

domenica 24 novembre 2013

Val Salice di Giulio Gianelli

Alfons Mucha*Novembre*1899
Autunno, sì gentil melanconia
ricevo dai tuoi ultimi tesori,
che questa valle che tu baci e indori
luogo d'eternità parmi che sia;

dove, a chi giunge dopo lunga via,
odo cantar da un angelo tra i fiori:
"Ecco alfine la patria, esuli cuori,
cessate il pianto della nostalgia."

Vedo, qua e là, delinearsi forme
dal non vivere fatte più leggiadre,
che senza suono avanzano e senz'orme,

ciascuna avvolta nel suo proprio nimbo
di moriente sol...Io, come un bimbo,
con immenso desìo cerco mia madre.
*************
INTIMI VANGELI

sabato 23 novembre 2013

Suite per A. e Due candele rosse di Maria Luisa Spaziani

Pietro Annigoni*Principessa Elena Corsini
Rimarrà su deserti lontani,
oltre le praterie del tempo.
Baci, roveti, fiamme d'autunno
e un lungo addio tra le mani.
Ritornerà con le nuvole, con le stagioni,
tremando ebbrezze seppellite:
ottenebrato, inutile, senza respiro.
(LUNA LOMBARDA*UTILITA' DELLA MEMORIA)
°°°°°°°°°°°
Due candele rosse
solitarie bruciavano fra coppe di mimose
e lugubri tam-tam- spaesati nella nebbia leggera.
Era autunno, era Londra al bar cinese.

Estrema la tensione del mio arco.

Ma immobile la freccia ardiva a un cielo
senza tempo nè varco.
(UTILITA' DELLA MEMORIA)

venerdì 22 novembre 2013

Ode in onore di Santa Cecilia di Alexander Pope

Sidney Harold Meteyard*Santa Cecilia
Scendete, alme Sorelle, e il canto ordite.
Per voi ne’ cavi risonanti bossi
II fiato si ravvolga; a suon festivo
Ogni tacita corda, ogni canora
Cetra si desti. In tuon dolce-gemente
Lo stridulo liuto si quereli,
Alto frema la tromba, e intorno intorno
Da’ tetti la squillante Eco risponda,
Mentre allungate e tarde voci il cupo
Maestoso solenne organo sparge.
L’armonia molle e chiara in pria lambisce
Co’ numeri dolcissimi l’orecchio;
Indi più forte a mano a man s’ espande,
E d’ immenso fragore i cieli ingombra.
Altera s’erge in signoril trionfo,
E indomita fra l’aere diviso
In fluttuanti rote alto galleggia,
Finchè per gradi in un distanti e corti
Cade, si sperge, illanguidisce e muore.
Da lei le giuste tempre un’alma impara;
Nè tropp’alto trasvola o in giù trabocca.
Se procellosa gioja in petto ferve,
Con molli note l’Armonia l’acqueta;
O se da cure oppresso è il cor, su l’ali
De’ numeri vivaci al suol l’invola.
Ella i guerrier con gli animosi accenti
Empie di foco e alle sanguinee piaghe
De’ miseri amator balsamo infonde.
Tristezza il capo alle sue leggi estolle;
Morfeo dal letto in piè si slancia; Ignavia
Apre le braccia e i sonnacchiosi lumi;
Livore in atto d’ascoltare ir lascia
Per terra gli angui; da’ rubelli affetti
Non più rompono guerre; ogni empia setta
Vertiginosa il furor il cieco obblia.
Ma se civico dritto all’arme appella,
Quai fiamme un suon guerrier ne’ petti sveglia!
Certo allor quando il primo legno audace
Le procelle affrontò, dall’alta poppa
Musiche note il tracio Orfeo sciogliea ;
E vedeva Argo le materne querce
Scender dal Pelio in mar. Corona fangli
I semidei. Ogni uom da’carmi scosso
Eroe diviene. A’ sovruman di Gloria
Incanti s’accalora; ognun repente
Il settemplice scudo imbraccia, e snuda
II folgorante acciar, gridando: all’armi.
E mare e terra e ciel risponde: all’armi.
Quando poi lungo le tartaree sponde,
Che l’infocato Flegetonte accerchia,
Amor crudo, qual morte, il gran Cantore
Agli squallidi trasse orror dell’ombre,
Quai voci rintronar, quai forme in mostra
Vennero allor su le bollenti arene!
Torbidi lampi, disperate strida,
Rosse facelle, gemiti affannosi,
Lamenti inconsolabili, profonde
Smanie e clamor de’ tormentati spirti.
Ma udite! Ei tocca la dorata lira,
E le trist’alme han posa. A lui rincontro
Accorron le fantasme: il tuo gran sasso,
Sisifo, immobil pende: alto s’arresta
Su la rota Ission: pallidi spettri
Vagano in danza: sdraiansi le Furie
Su covacci di ferro, e intirizzite
Stan su’ lor capi ad ascoltar le serpi.
“Pei freschi rivi che perenni irrigano,
Per l’aure molli che alitando allegrano,
Gli elisj fiori, pe’ beati spiriti,
in Cui d’asfodillo i crocei prati, o allettano
Le vaghe d’amaranti adorne pergole,
Per l’ombre armate degli eroi, che splendere
Fan gli oscuri viali, e per que’ giovani
Che spenti per amor fra i mirti spaziano,
Chieggo Euridice. O me qui ritenete,
O l’amata Consorte a me rendete.”
Tal ei cantò. Le armoniose preci
Erebo accolse; intenerissi il core
Alla crudel Proserpina, e la Bella
Di seco rimenarne a lui concesse.
Tal su la Morte e su l’Averno impero
Musica tenne. Perigliosa prova,
Ma non men gloriosa. Ancor che il Fato
Ben nove volte all’atre piagge avvolga
L’orrida Stige, pur di là tornano
Musica e Amor con la Vittoria al fianco.
Ma le cupide ciglia ah tosto ei gira:
Ella ricade, ahimè ! ricade e muore.
Com’or piegar potrai novellamente
Le fatali Sorelle? E non già colpa
La tua si fu, se non è colpa amore.
Or a piè di montagne alto-pendenti
Presso lubriche fonti, or dove l’Ebro
Volubile serpeggia, a tutti ignoto,
Solo e da nullo udito in lai si stempra,
E il caro spirto appella, ahimè! per sempre,
Per sempre a lui ritolto. Or dalle Furie
Agitato, straziato, desolato
Sul Rodope nevoso arrossa e trema.
Quand’ecco al par de’ venti impetuoso
Erme pendici alpestre intorno cerca,
E d’urli furibondi Emo rintona.
Ah ch’egli muore, e fino in morte canta
Euridice. Euridice ancor sul labbro
Gli trema; e boschi e fiumi e rupe e monti
Euridice ripetono, Euridice.
Dunque Armonia le dure smanie allenta,
E le atroci del Fato ire disarma;
I dolor calma; e riconforta e molce
I furor disperati. Ella condisce
Il gioir nostro in terra, ed anzi tempo
I superni diletti in sen ci versa.
Ben questa a pieno intese arte divina
La Vergin saggia, cui sù l’Ara incensi
Fuman oggi votivi, e al suo Fattore
Tutta sacrolla. Quando il pien concento
D’argentee canne alle vocali orchestre
Ella attemprava, in sacro foco asterse
Levava al Ciel su le solenni note
Le umane menti, e da’ balcon supremi
S’affacciavano a udir gli eterei spirti.
Non più subbietto ai ragionar de’ vati
Sieno i vanti d’Orfeo. Ben altra possa
Cecilia ottenne in don. Quei musicando
Dal finto Averno un’Ombra trasse, e questa
Fea l’alme sorvolare oltra le stelle.

giovedì 21 novembre 2013

Molle clivo di Andrea Zanzotto

Ernest Hebert*Baronessa Eleonore D'Uckermann
Molle clivo, dove traluce a raso
delle albe morte l’ora del mio cammino?
Dove la stella il fragile novembre
precede e scioglie al rivo tutto il clivo?
Ed io vivo per te, per te m’aggiro
fuori e lungi dal mondo,
fuori sospiro.
Non è finito il mio destino
anche se mi si lascia qui a perire
con le distese dell’autunno
cui vanamente mi volli offrire.
***********
VOCATIVO

mercoledì 20 novembre 2013

Fiori di Wendy Cope

Dick Sargent
Certi uomini non ci penserebbero.
Tu invece sì. Tu spesso mi dicevi
che eri stato lì lì per comprarmi dei fiori
ma qualcosa era andato storto poi.

Il negozio era chiuso. O un dubbio avevi,
quel genere di dubbi che si affacciano
alla testa di gente come noi.
Ch'io gradissi i tuoi fiori dubitavi.

Sorridere m'hai fatto, e t'ho abbracciato.
Sorrido ancora adesso. E sappi che
quei fiori, caro, che non mi hai comprato
non sono ancora appassiti per me.da PensieriParole

martedì 19 novembre 2013

Tu potresti apparire di Alfonso Gatto

Gertrude Fiske
Tu potresti apparire, non sei morta,
non sei memoria spoglia ai nudi rami
del novembre piovoso. Ancòra porta
la luce del crepuscolo i richiami

dell'esser soli e del chiamarci insieme
a distanza dei luoghi che traversa
l'ansia d'averti, ed io non so chi teme
il volo, chi gli dà quest'aria persa

d'ali battenti, l'èsodo del vano
chiamare ove non giunge più la voce.
Tu potresti apparire dal lontano
cielo riflesso dentro questa foce

d'acqua e di crespi al làscito del vento.
Ma sei povera spoglia, lieve inserto
di calma rassegnata nell'evento
del tuo chiarore:non sei più l'aperto

destino, l'aria dell'incantamento.

Mi fuggi, non vuoi credere alla quiete
dei màceri fioriti, non ti frusta
la pioggia, nè t'illumina la rete
dei laghi inabissati, e così giusta

di te non sei che morte t'abbia in dono.
Ripari nei doveri, negli inganni
della casa superstite, e il perdono
del tempo è la conferma dei tuoi anni.

Ma questo grigio tenero del verde
che riga già la notte, questo vago
luminoso sconforto che ti perde.
Tu continui a sparire, chiude il lago

del cuore la tua bolla silenziosa.
E' la morte che affonda, che s'incrina
nel suo vetrato, scende la mia rosa
fredda nel buio, spare con la trina

di luce ch'è nel segno d'ogni cosa.
**************
POESIE D'AMORE

lunedì 18 novembre 2013

Novembre di Olindo Guerrini (Argia Sbolenfi)

George Henry Noon*1885
Addio sorrisi dell’albe rosate,
Addio tramonti che d’oro parete!
Novembre porta le tristi giornate
E delle nebbie la bigia quïete!

Gli uccelli migran in file serrate
Cercando a volo contrade più liete,
Ma noi restiamo, calcando immutate,
Sul fango vecchio, le vie consuete.

Restiamo e sempre le stesse infinite
Noie e le stesse speranze remote
C’infliggeranno le stesse ferite.

Finchè abbassando le teste canute,
Chinando al suolo le pallide gote,
Qui marcirem come foglie cadute.

domenica 17 novembre 2013

Paesaggio di Novembre di Corrado Alvaro

Bartolomeo Bezzi*1908
Sono scomparsi i bei colori verdi e rosei della
terra. Le montagne, i campi, i piani sembrano
lontani e velati. Solo i torrenti si riempiono di
suoni e il loro grido giunge alle case del paese.
Il sole ha uno splendore freddo e il cielo sembra
allontanarsi e diventare altissimo. Tutte le mattine
la terra si desta come da un sonno faticoso.
I movimenti degli uomini sembrano incerti, come
quelli di chi pensa al suo avvenire.
Da questo mese comincia il lavoro, per il futuro
pane. C'è nell'aria una speranza solenne.
Novembre è il mese in cui ricordiamo i nostri
morti. La terra trasforma, tutti gli anni, nuove
sementi in nuovi frutti. Il pane risorge tutti gli
anni. Giacciono i morti. Ma il nostro cuore deve
essere grato come la terra e deve far rivivere e
moltiplicare il lavoro e gli affetti di quelli che fra
noi non torneranno più.

sabato 16 novembre 2013

Presso una Certosa di Giosuè Carducci

Bessie McNicol*1894
Da quel verde, mestamente pertinace tra le foglie
Gialle e rosse de l’acacia, senza vento una si toglie:
E con fremito leggero
Par che passi un’anima.

Velo argenteo par la nebbia su ’l ruscello che gorgoglia,
Tra la nebbia ne ’l ruscello cade a perdersi la foglia.
Che sospira il cimitero,
Da’ cipressi, fievole?

Improvviso rompe il sole sopra l’umido mattino,
Navigando tra le bianche nubi l’aere azzurrino:
Si rallegra il bosco austero
Già de ’l verno prèsago.

A me, prima che l’inverno stringa pur l’anima mia
Il tuo riso, o sacra luce, o divina poesia!
Il tuo canto, o padre Omero
Pria che l’ombra avvolgami!

16 Novembre 1895

RIME E RITMI

venerdì 15 novembre 2013

Il viale di Bortolo Pento

Santiago Rusinol Prats*1889
Ecco il viale
dei platani adolescenti
in cui è l'alito scarno della sera
di novembre.
Al fogliame immobile s'aggrappa
autunno
in un ritmo di tristezze dorate.
Il viale è lungo, e non c'è vento.

Chissà che la strada
fasciata di dorature
non porti alle aiuole d'oro
della fanciullezza avventurosa!

Vengono giù dai monti
le prime ombre silenziose:
annebbiate, fredde.
Fanno pensare - e si spacca il cuore
di nostalgia -
quanto dolce è l'ora
che si sta attorno al fuoco
nella casa lontana,
e l'affettuosa luce
della lampada, e il volto di chi si ama,
e le tacite gioie
dell'occulta bontà di casa nostra.
************
LUNGHI GIORNI DEL SUD

giovedì 14 novembre 2013

Epitaffi di Paul Eluard

Hamish Blakely
Fermati ora e ricorda la selva
Il prato più lucente al sole acceso
Gli sguardi senza nebbie senza rimorsi ricòrdati

Il mio s'è spento dov'era esso il tuo splende
Di essere stati di essere vivi noi continuiamo
Corona al desiderio d'essere e di durare.

Coloro che morte mi han data che solo temevano
Di non colpirmi al cuore tu li hai dimenticati

Nel tuo presente sono come la luce vi è
Come un vivente cui solo la terra è calore

Il coraggio e la speranza solo restano di me
Dici il mio nome e più largo respiri

Io confidavo in te siamo noi due generosi
Avanziamo la gioia arde il passato

E in tutti gli occhi la nostra forza è giovane

*********************
EPITHAPES

Arrête-toi et souviens-toi de la forêt
De la prairie plus claire sous le soleil vif
Souviens-toi des regards sans brumes sans remords

Le mien s'est effacé le tien l'a remplacé
D'avoir été d'être vivants nous continuons
Nous couronnons le désir d'être et de durer.

Ceux qui m' ont mis à mort ceux qui ne redoutaient
Que de manquer mon cœur tu les as oubliés

Je suis dans ton présent comme y est la lumière
Comme un homme vivant qui n'a chaud que sur terre

Seuls mon espoir et mon courage sont restés
Tu prononces mon nom et tu respires mieux

J' avais confiance en toi nous sommes généraux
Nous avançons le bonheur brûle le passé

Et notre force rajeunit dans tous les yeux. 
           *
Poèsie ininterrompue II-1953

mercoledì 13 novembre 2013

Motivo di Alfonso Gatto

Petrus Van Schendel
Quel pò di musica che raccoglie
col mantice del petto
la bambina sull'organetto
in questo novembre di foglie
le è come uno scialletto.

Le dice la stessa parola:
vola, colomba, vola.

martedì 12 novembre 2013

La grigia nebbia di novembre di Olindo Guerrini

Charles Courtney Curran
La grigia nebbia di novembre ammanta
Del paterno villaggio i casolari,
Stridono i tizzi verdi in sugli alari,
Geme il vento di fuori e il corvo canta.

Oggi le donne pie disser la santa
Prece dei morti a piè de’ bruni altari,
Ogni pietra, ogni croce oggi è compianta
Dove dormon sepolti i nostri cari.

Ma sono agli altri questi dì men gravi,
Ma lieto il padre narra oggi al figliuolo
Le antiche gioie e le virtù degli avi,

Ma l’amor, la famiglia ad ogni duolo
Recan oggi conforto e più soavi
Sono i sorrisi, i baci..., ed io son solo!
************
POSTUMA

lunedì 11 novembre 2013

Insalata di San Martino di Ernesto Ragazzoni

Albert Bierstadt
I
È una tepida estate
di San Martino, tanto
dolce che le giornate
d’April non hanno incanto

maggior. Le stesse foglie
secche, per i vïali
più che l’aria di spoglie,
hanno un aspetto d’ali

mutevoli, lunghesso
i fossi e dentro i carri,
che se le tiran presso
in turbini bizzarri.

Io vo’ pei campi; avanzo
oltre i sentieri, e fumo,
contandomi un romanzo
per mio uso e consumo;

dove, com’è disegno
nelle oleografie,
ci son isbe di legno
sotto la neve, vie

tra pioppi ermi al tramonto,
cacciatori in cucina
attorno a un pasto pronto;
un’Ada, un’Ermelina

che guardan pei cancelli
se giunge Adolfo, Arturo;
rovine di castelli
chiuse in un cielo oscuro,

sassi di muriccioli
coll’edera, e un mendìco...
mulini... boscaiuoli...
un pozzo sotto un fico,

bimbi affacciati ai vetri
che guardan, chi sa dove;
passan forme di spetri
(son tanti dì che piove);

nubi, e una spiaggia incolta.
Insomma, l’arsenale
completo d’una volta,
romantico - autunnale.
II
Io vo’ pei campi, fiuto
per l’aria odor di tordi
arrosto, in un velluto
- cari! - di lardo a fior di

fiamma sovra uno spiedo;
e il buon odor mi viene
da un luogo che non vedo,
ma certo assai dabbene.

O pace! Che mai l’oste
mi servirà stasera?
Forse le caldarroste
- o pace! - e del barbera?

O le pere in giulebbe...
(che giorni ha San Martino!)
Né mi dispiacerebbe
prima uno stufatino.

Che pace! È come un lento
lasciarsi andare a caso
s’un fiume sonnolento,
incontro a un bell’occaso...

L’acque, in un loro velo
viola e d’or, pare ardano;
e sono l’acque e il cielo
silenzi che si guardano.

Io vo’ pei campi. Lungi
bruciano forse stipa,
c’è un fumo, e ve ne aggiunge
pur uno la mia pipa.

Oh, il fumo? Chi la sente
la nostalgia che ha
il fumo - che, silente -,
d’autunno se ne va,

(esule e senza casa)
d’autunno, e verso sera...
sulla campagna rasa...
ombra che si fa nera!

Con che, detta la mia,
(come la mulinavo!)
brava corbelleria,
fo’ punto, e vi son schiavo.

domenica 10 novembre 2013

Ballo a Villa d'Este di Francesco Pastonchi

Alexey Shalaev
Novembre dà un gran ballo
alle foglie raminghe dei fossi.
E' d'obbligo il costume giallo
con gale di nastri rossi.

O ieri cadute dai rami
e oggi bruttate di fango,
levatevi, travolte a sciami,
sul sincopato dei tango.

Niuna diserti la festa,
povere labili foglie.
Ecco, appena una s'arresta,
il vortice se la ritoglie.

Avanti, il jazz pazzo dei venti
miagola, ulula, ringhia:
danzate, o per poco viventi!
La morte e la vita s'avvinghiano.

E il cielo, aspettando la tresca
degli astri sul turbine umano,
assiste alla ridda grottesca,
infinitamente lontano.
**********
VERSETTI

sabato 9 novembre 2013

C'è molto nel mondo di Dylan Thomas

Arthur Sarnoff
C'è molto nel mondo che non muore
e molto che vive per perire,
che sorge e cade, sboccia per appassire.
Il sole di stagione, che dovrebbe conoscere il tramonto
fino al secondo della buia venuta
la morte avvista e avvede con terrore
nel fluido cielo la costola di un cancro.
Ma noi, rinchiusi nelle case del cervello,
rimuginiamo su ogni pianta di serra
che sputa intorno le sue foglie senza linfa,
e sorvegliamo la mano del tempo che in eterno
scandisce il mondo,
chiusi nel manicomio imploriamo di respirare aria fresca.
C'è molto nel mondo che muore;
Il tempo non guarisce né risuscita;
Eppure, pazzi di sangue giovane o macchiati dagli anni,
siamo ancora restii a rinunciare a ciò che resta,
sentendo il vento sul capo che non rinfresca
e sulle labbra l'arida bocca della pioggia.
*************
There's plenty in the world
There's plenty in the world that doth not die,
And much that lives to perish,
That rises and then falls, buds but to wither;
The season's sun, though he should know his setting
Up to the second of the dark coming,
Death sights and sees with great misgiving
A rib of cancer on the fluid sky.
But we, shut in the houses of the brain,
Brood on each hothouse plant
Spewing its sapless leaves around,
And watch the hand of time unceasingly
Ticking the world away,
Shut in the madhouse call for cool air to breathe.
There's plenty that doth die;
Time cannot heal nor resurrect;
And yet, mad with young blood or stained with age,
We still are loth to part with what remains,
Feeling the wind abaut our heads that does not cool,
And on our lips the dry mouth of the rain.
♥♥♥♥♥♥♥
Dylan Thomas moriva il 9 novembre del 1953
60 anni fa, come oggi. Ma è inutile dire (lo dico lo stesso)
che la sua Poesia non morirà.

venerdì 8 novembre 2013

Novembre di Arturo Onofri

Carlo Cressini
Sole scialbo, velato,
nebbie insignificanti,
versi bamboleggianti
nell'ombre del passato:

per voi tutto mi sembra
sdraiarsi neghittoso
come torpide membra
non sazie di riposo.

Navigano profumi
nel mio sogno che langue,
e m'illudo che il sangue
lentamente s'aggrumi.

giovedì 7 novembre 2013

Un fiore a Asolo di Alfonso Gatto

Galeazzo Viganò*Cimitero euganeo
Questi fiori pungenti che la brina
di novembre inghirlanda sopra i morti
e Asolo, il silenzio che avvicina
il ricordo del sole, noi assorti

in quel nulla dolente che l'amore
lascia negli occhi.
''Qui riposa Manàra, prendo un fiore
dalla sua tomba'', e nel guardarmi tocchi

il cespo di vetrato che si spezza.
''Ero il suo bel paggetto'' tu mi dici
''mi chiamava così...'' Passa la brezza
delle memorie, passano gli amici

a dirti, amore, che non c'è dolcezza
più triste e più vogliosa dei tuoi occhi.

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POESIE D'AMORE

mercoledì 6 novembre 2013

Di novembre di Cenne da la Chitarra

Jean Bourdichon
Di novembre vi metto in un gran stagno,
in qual parte più pò fredda pianeta,
con quella povertà che non si acqueta
di moneta acquistar, che fa gran danno.

Ogni buona vivanda vi sia in banno;
per lume, facelline da verdeta;
castagne con mele aspre di Faeta:
i stando tutti ensieme en briga e lagno.

E fuoco non vi sia, ma fango e gesso,
se no ’n alquanti luochi di romiti
che sia di venti miglia lo più presso;

di vin e carne del tutto sforniti:
schernendo voi qual è più laido biesso,
veggendovi star tutti sì sguarniti.

martedì 5 novembre 2013

Nascita di Leanne O'Sullivan

Mary Alayne Thomas*Falling stars
Ora viene novembre,
tempo della mia nascita, e costole bianche di marea
sradicano il silenzio della baia.

Oggi rompo da pietra a sabbia,
senza madre, mia madre una pietra
che rinsalda la terra e sogna la mia figura.

Mi allungo come una lumaca da un sonno profondo,
la mia carne che assume i suoi caldi tessuti
e mi svolge da questo grembo.

Ascolto e mimo l'alta marea,
apro gli orecchi allo sciacquio di conchiglie,
sali puri che eruttano il mio primo vagito.

Si levano i miei occhi mentre il giorno principia
a prender forma, con la luce lì a versarsi
e una pioggia leggera a cadere e spazzarmi

le palme rigate di muschio. Mi avvio
in questa molle lucentezza,
terra di torba ed aria piena di fucsia.

E' questo il sangue e l'osso di mia madre,
distese d'erba e erbacce - rigogli della sua cute
su cui mi appoggio con le mani e coi ginocchi.

Sentendomi tirare gentilmente dalla sete,
porto la bocca alla cascata d'acqua da una foglia
per gustare la copiosità di gocce fresche.

Scuoto il molle dai rami, le mie membra e i labbri
a muoversi fluentemente, nel modo che una gola piena
impara a muoversi nel suo primo deglutire.

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Now comes November,
my birth time, and white ribs of tide
uproot the silence of the bay.

Today I break from stone onto sand,
motherless, my mother a stone
bedding the earth and dreaming my image.

I stretch like a snail from a deep sleep,
my flesh gathering is warm fabrics
and unknitting me from this womb.

I listen and mimic the flood-tide,
oper my ears to the haul of shells,
sheer salts erupting my birth-cry.

My eyes lift as the day begins
to shape itself, light being emptied
into it as a soft fall of rain sweeps

my moss-lined palms. I tread
into this soaked brightness,
bogland and the air full of fuchsia.

This is the blood and bone of my mother,
sheets of grass and weed - all her flushing skins
I lean on with my hands and knees.

Feeling a thirst gently pull
I bring my mouth to the fall of water
from a leaf to taste the cool, plentiful drops.

I shake the drench from branches, my limbs
and lips moving fluently, the way a full throat
learns to move for its earliest swallowing.

lunedì 4 novembre 2013

Voce di vedetta morta di Clemente Rebora

Jules Joseph Lefebvre 
C'è un corpo in poltiglia
con crespe di faccia, affiorante
sul lezzo dell'aria sbranata.
Frode la terra.
Forsennato non piango:
Affar di chi può e del fango.
Però se ritorni
tu uomo, di guerra
a chi ignora non dire;
non dire la cosa, ove l'uomo
e la vita s'intendono ancora.
Ma afferra la donna
una notte dopo un gorgo di baci,
se tornare potrai;
soffiale che nulla nel mondo
redimerà cio ch'è perso
di noi, i putrefatti di qui; stringile il cuore a strozzarla:
e se t'ama, lo capirai nella vita
più tardi, o giammai.
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Il 4 novembre del 1918 fu firmato
l'Armistizio che mise fine a una inutile e spaventosa guerra
che portò solo lacrime e miseria.
A tutti i ragazzi morti e alle loro famiglie.

domenica 3 novembre 2013

Principio di Novembre di Carlo Stuparich

Irving Ramsay Wiles
Oggi l'aria è chiara e fine
e i monti son cupi e tersi,
poveri anni persi
in fantasie senza confine.
Qui ogni pietra ha un contorno
ogni fibra un colore,
i rami tendono intorno
una rigidità senza languore.
Foglie gialle cadute
per troppa secchezza,
segnano l'asprezza
di grandi arie mute.
Il cielo è azzurro di profondità
le cose son ferme e recise.
Passò un respiro d'eternità
in queste solitudini derise.
Novembre 1915

sabato 2 novembre 2013

Ne la notte dei morti di Corrado Govoni

August Toulmouche*The last love
E' la notte dei morti.
Io veglio con le mie memorie
mentre la pioggia batte gli orti
che il vento stanca con le sue storie.

La camera è una comemorazione.
Nel soffitto le rose diuturne
si riuniscono in funebri corone.
I vasi assumono la forma d'urne.

Ogni doppiero è una croce.
Le tavole son lapidi senza scritture,
e gli armadi di noce
sembrano de le sepolture.

Ronza un moscone intorno al fiore
del lampadario.
E la pendola sfoglia il bouquet de l'ore
come da un reliquiario.

venerdì 1 novembre 2013

Ognissanti di Alessandro Manzoni

Edgar Maxence*Santa
...
Cercando col cupido sguardo,
Tra il vel della nebbia terrena,
Quel sol che in sua limpida piena
V’avvolge or beati lassù;

Il secol vi sdegna, e superbo
Domanda qual merto agli altari
V’addusse; che giovin gli avari
Tesor di solinghe virtù.

A Lui che nell’erba del campo
La spiga vitale ripose,
Il fil di tue vesti compose,
Del farmaco i succhi temprò;

Che il pino inflessibile agli austri,
Che docile il salcio alla mano,
Che il larice ai verni, e l’ontano
Durevole all’acque creò;

A Quello domanda, o sdegnoso,
Perché sull’inospite piagge,
All’alito d’aure selvagge,
Fa sorgere il tremulo fior,

Che spiega dinanzi a Lui solo
La pompa del candido velo,
Che spande ai deserti del cielo
Gli olezzi del calice, e muor.

E voi che, gran tempo, per ciechi
Sentier di lusinghe funeste
Correndo all’abisso, cadeste
In grembo a un’immensa pietà;

E come l’umor, che nel limo
Errava sotterra smarrito,
Da subita vena rapito,
Che al giorno la strada gli fa,

Si lancia, e seguendo l’amiche
Angustie con ratto gorgoglio,
Si vede d’in cima allo scoglio
In lucido sgorgo apparir;

Sorgeste già puri, e la vetta,
Sorgendo, toccaste, dolenti
E forti, a magnanimi intenti
Nutrendo nel pianto l’ardir;

Un timido ossequio non veli
Le piaghe che il fallo v’impresse:
Un segno divino sovr’esse
La man, che le chiuse, lasciò.

Tu sola a Lui festi ritorno
Ornata del primo suo dono;
Te sola più su del perdono
L’Amor che può tutto locò;

Te sola dall’angue nemico
Non tocca né prima né poi;
Dall’angue, che appena su noi
L’indegna vittoria compiè,

Traendo l’oblique rivolte,
Rigonfio e tremante, tra l’erba,
Sentì sulla testa superba
Il peso del puro tuo piè.
...
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INNI SACRI*1812